C’è una persona verso cui il Maggiociondolo deve molto del suo fascino e della sua atmosfera così accogliente. Una persona che si è innamorata fin da subito del progetto, quando ancora i lavori di ristrutturazione dovevano iniziare. Con la sua minuta fisionomia e l’aria un po’ timida si è offerta con fare discreto e ha via via presentato con la convinzione di chi sa il fatto suo le sue proposte che, un neofita degli arredi come me, ha accolto con una diffidenza iniziale che si è trasformata, strada facendo, in sincero entusiasmo.
Da allora le occasioni di incontro-scontro sono state numerosissime e suppongo che non siano ancora finite, ma di questo me ne rallegro, perché Patrizia è oramai parte di questo luogo, a cui ha donato un pezzo della sua anima e a cui, volente o nolente, si è affezionata oltre misura. E’ un’affezione reciproca, perché gran parte degli oggetti di arredo che adornano le camere e l’ingresso sono opera di una sua attenta ricerca. Di un’infaticabile lavoro di recupero e di quel particolare senso estetico che caratterizza ogni sua scelta. A tutto questo si aggiunge il lavoro vero e proprio di restauro, di cui è una sapiente e infaticabile specialista. Perché il lavoro di restauro non è tutto rose e viole: alla parte più squisitamente artistica precede quasi sempre un monotono e faticoso lavoro di pulizia che si avvale di quello che è lo strumento più utilizzato da chi restaura con amore e passione: il cosiddetto “onto de gumio”, ossia “unto di gomito”.
Vale a dire, ore e ore di sfregamenti con materiali abrasivi per togliere le vernici e il degrado dai legni antichi. Un lavoro apparentemente poco edificante che trova però soddisfazione nel momento in cui il mobile prende finalmente vita e torna ai suoi massimi splendori. E’ in quel frangente che si arriva a capire il valore di un oggetto che racchiude in se un vissuto che un mobile nuovo, acquistato magari in un centro commerciale, non potrà mai avere. E mentre strofini i legni, ti rendi conto che anche il tuo lavoro entrerà a far parte della storia di quel mobile, alimentando la catena di tutti coloro che di quell’arredo si sono nel corso del tempo serviti. E’ un lavoro che dà soddisfazione e che aiuta a sviluppare il senso della manualità e l’orgoglio del far da sé, di cui Patrizia è maestra, facendoti sembrare semplice quello che in realtà non è. Ma se non altro ti incoraggia a provare e a dare fondo alle tue più nascoste risorse, dandoti l’illusione che il mestiere di restauratore sia alla portata di tutti. Con questo spirito, il mese scorso, abbiamo intrapreso il restauro di un’antica credenza che doveva servire a contenere le stoviglie e le posate del “salone delle feste”.
In una bella giornata di sole il piazzale antistante la stalla ha visto all’opera due baldi aspiranti restauratori che si sono “dilettati” nelle operazioni di sverniciatura manuale di un antico mobile, frutto, ancora una volta, del prezioso lavoro di ricerca di Patrizia. Beh… il risultato giudicatelo voi dalle foto. Fatto sta che ora il salone si è arricchito della presenza di un’utilissima credenza che dona una calda atmosfera di accoglienza all’ambiente, esaltando il valore storico del restauro di quello che per molti anni è stato il fienile dei Proveste.
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