Una passeggiata tra le fortificazioni e le trincee del massiccio prealpino testimone di epiche vicende
Percorso | Busa Novegno – Cima Alta – Torrione Vaccaresse – Monte Rione |
Breve descrizione | L’itinerario ricalca per gran parte il sentiero storico-naturalistico n. 2 tracciato dall’Associazione di Ricerche Storiche “IV Novembre” di Schio e dedicato al concittadino Gianni Mazzon, uno tra i primi sostenitori della valorizzazione del monte Novegno. Partendo dalla Busa, risale la mulattiera che porta a Cima Alta, scende quindi nuovamente in Busa per dirigersi poi verso la zona fortificata sovrastante la torre di Vaccaresse. Il ritorno prevede il passaggio per il forte Rione, posto sulla sommità dell’omonimo monte. |
Tempo di percorrenza | 4.00 h |
Dislivello totale in salita | 277 m |
Altitudine punto di partenza | 1484 m (Parcheggio di monte Novegno) |
Punto più elevato | 1691 m (Monte Rione) |
Difficoltà | E |
Segnavia | 422 – 400 – 401 |
Periodo ottimale | Il tracciato è percorribile per tutta l’estate e in autunno, periodo suggerito per il fascino dei colori che assume il bosco di faggio in questa stagione. Se ne sconsiglia invece la percorrenza in presenza di neve, sia perché il manto nevoso ricopre parte dei manufatti, rendendo meno interessante la visita alle trincee, sia per l’eventuale presenza di placche ghiacciate che potrebbero rendere pericoloso il transito in alcuni punti. |
Come arrivare alla partenza | Il parcheggio di monte Novegno, posto alla quota di quasi 1500 metri, è raggiungibile percorrendo per 7,5 km la carrozzabile sterrata che sale da contrà Rossi, situata al culmine della strada tra le frazioni scledensi di Santa Caterina e Bosco di Tretto. |
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L’itinerario
Vi fu un tempo in cui sul placido altipiano del Novegno risuonarono forti gli echi di strazianti vicende umane. Forse nella millenaria storia di questi luoghi gli eventi che qui si svolsero durante il primo conflitto mondiale rappresentano una frazione di tempo che può apparire lunga ai nostri occhi, ma certamente un’inezia se confrontata ai ritmi molto più lenti della terra. Eppure quanto qui avvenuto, agli inizi del secolo scorso, ha segnato, più di qualsiasi altro fatto, la natura e la fisionomia stessa di questa montagna. Esistono oggi molti scritti di vari autori che raccontano con dovizia di particolari l’epopea della resistenza dell’esercito italiano nei confronti dell’invasione da parte degli austro-ungarici. Ma per quanto approfondite possano essere le descrizioni e per quanto precisi i racconti di quelle vicende, l’esperienza di recarsi di persona e percepire direttamente le sensazioni dai luoghi stessi dove il dramma della guerra si è consumato rappresenta, indubbiamente, un’esperienza di forte impatto emotivo. L’itinerario proposto permette di visitare un vero e proprio museo all’aperto, oggetto di una recente ristrutturazione, che, probabilmente più di qualsiasi altra iniziativa atta a far conoscere e divulgare la storia, ha il grande pregio di rendere evidente come questa montagna non sia stata solo un campo di battaglia, bensì il teatro di una guerra sfibrante, condotta in primo luogo contro un ambiente ostile e impietoso. Percorrere oggi le trincee e intrufolarsi nel dedalo di gallerie che traforano la roccia in ogni dove significa percepire soprattutto il lavoro, la fatica, il pericolo, la sofferenza, gli sforzi disperati per sopravvivere, da una come dall’altra parte. E nel silenzio che avvolge il riposo di questa zona monumentale, mentre la natura pazientemente cicatrizza con cura le ferite inferte dall’uomo, ancora più evidente prende forma la consapevolezza che quanto qui accaduto non sia altro che la testimonianza di un’enorme sconfitta patita dall’umanità. La salita verso le postazioni di Cima Alta, prima tappa di questo itinerario nella storia, avviene dopo aver attraversato la tranquilla conca che ospita malga Novegno. Il paesaggio sereno e distensivo dei pascoli odorosi solcati dai muri a secco, dove timidamente fanno capolino le marmotte, fa da contorno al percorso di avvicinamento alla mulattiera che serpeggia tra i faggi cresciuti sulle pendici della cima. Già lungo il primo tratto si possono visitare alcuni manufatti interessanti, come la trincea semicircolare che volge verso il Giove, subito dopo aver attraversato un corridoio incassato tra due terrapieni sostenuti da una muratura a secco. Nelle vicinanze vi è anche l’ingresso di una galleria su due piani collegati oggi da una moderna scala in acciaio. L’uscita dal bosco coincide con l’ultimo strappo che porta nei pressi della cima: qui la mulattiera intreccia il proprio tragitto con una serie stretta di tornanti sostenuti da pregevoli muretti costruiti ad arte con la pietra grigio-bianca che caratterizza tutta la geologia del sito. Sotto la vetta di Cima Alta, in un piccolo pianoro, un ricovero in galleria induce ad entrare nella roccia e a percorrere il cunicolo fino ad uscire dalla parte opposta nei pressi della trincea che aggira il promontorio. Sul crinale di vetta si incontrano delle costruzioni circolari infossate nel terreno: sono i nidi per mitragliatrici antiaeree. Tutto intorno, una serie di camminamenti che collegavano in sicurezza le diverse zone di ricovero. Lasciata alle spalle la zona fortificata di Cima Alta l’itinerario si dirige verso il monte Vaccaresse, transitando a lato del monumento a foggia di colonna tronca posto all’inizio della discesa che collega la Busa ai bastioni fortificati, a picco sulla val Posina. Si tratta di una prominenza rocciosa dove l’ingegneria militare ha ricavato una serie parallela di camminamenti e trincee collegati tra di loro attraverso delle brevi gallerie e delle insenature che, di fatto, permettevano di presidiare entrambi i versanti del costone. Ad ovest la veduta è ampia e abbraccia il lato occidentale del Pasubio, buona parte del monte Maggio, del Toraro e del Campomolon, mentre ad est, oltre la valle del Rio, si erge la sagoma del Priaforà con il suo caratteristico foro. Le trincee seguono percorsi ondulati, spesso intervallate da dei bastioni in calcestruzzo che interrompono la linearità del camminamento, ad evitare di rendere vulnerabile le truppe nel caso che un assalto nemico fosse riuscito a entrare nel fossato. L’ultimo tratto è ancora più stretto; le trincee si riuniscono e il percorso sale su di una cengia rocciosa, aggirata la quale ecco apparire l’osservatorio sovrastante la torre di Vaccaresse. Il sentiero tagliato sulla roccia è stato recentemente attrezzato con dei corrimano che rendono sicuro il transito e la piccola costruzione che veglia su tutta la Corona di S. Marco è un invito alla contemplazione e alla riflessione. Seguendo lo stesso percorso dell’andata si transita nuovamente sul piccolo passo di Vaccaresse, a fianco della colonna, e deviando a destra si raggiunge la rotabile che porta sulla sommità del monte Rione. Di nuovo, a fianco della strada, alcune costruzioni militari cadute in rovina; altre ristrutturate a perenne ricordo dei drammatici avvenimenti bellici, come il deposito di munizioni con annessa polveriera situato nei pressi del grande ripetitore poco sotto la vetta. Infine ecco il forte, oggi adibito a rifugio e mantenuto in efficienza dai volontari dell’Associazione Ricercatori Storici IV Novembre. La genuina ospitalità e l’atmosfera di cordiale accoglienza che si incontra nelle giornate festive, quando il forte è aperto, costituisce una sorta di riconciliazione con il genere umano, mentre l’allegro chiacchiericcio degli escursionisti sembra finalmente rompere il profondo silenzio delle trincee.
Il percorso
Il sentiero parte dall’ampio parcheggio in quota situato a ridosso della Busa. La via più comoda segue la carrozzabile fino all’ingresso dell’altipiano, in corrispondenza del piccolo bacino della Pozza Lunga. E’ possibile, tuttavia, optare per un percorso più diretto che, imboccando fin da subito un tracciato che attraversa i pascoli digradanti in fronte a malga Davanti, raggiunge in breve la conca; una leggera variante che permette di entrare immediatamente a contatto con l’ambiente tipico dell’alpeggio. La Busa viene quindi costeggiata lungo la sterrata che l’aggira da sud e che arriva sino al piccolo complesso di edifici di malga Novegno. Raggiunto il bivio nei pressi di una bacheca in legno posta all’interno di uno steccato, si segue la via per Campedello, rimanendo sulla sinistra una volta che il percorso si divide tra il nuovo tracciato carreggiabile, che transita a fianco della monumentale ara ai caduti, e l’antico percorso in selciato che si mantiene a ridosso del bosco. Al termine della salita, prima di iniziare il breve tratto pianeggiante che prelude alla discesa verso malga Campedello, ha inizio l’antica mulattiera militare per la zona fortificata di Cima Alta. La salita è piacevole e si svolge sotto le fronde dei faggi, su di un fondo ben conservato, a tratti fin troppo curato nella disposizione delle pietre di bordura che delimitano la stradina dal restante sottobosco. Si giungerà quindi nei pressi di un passaggio tra due alti muri a secco che prelude ad una piazzola da cui parte una trincea semicircolare. Poco innanzi l’ingresso di una galleria artificiale che, con l’aiuto di una torcia, è possibile visitare. Si prosegue quindi guadagnando ancora quota con una stretta serie di tornanti che porta ad uscire dal bosco quasi dirimpetto ad un’altra interessantissima caverna. Segue quindi un breve tratto pianeggiante che porta al cospetto del promontorio di Cima Alta, raggiungibile seguendo ancora il sentiero che, costeggiando una vasta depressione sulla sinistra, gira infine a destra verso un piccolo pianoro dove sono situati i resti di alcuni manufatti militari. Si è così giunti alla zona fortificata, agevolmente visitabile seguendo i diversi percorsi che, intrecciandosi più volte, collegano le diverse postazioni. Il panorama è notevole e fa comprendere come questa cintura difensiva fosse strategica nell’economia della guerra di posizione. Il Priaforà e il monte Giove sono in primo piano, mentre sullo sfondo emergono la catena dei Lagorai e le Pale di S. Martino. Sul crinale si incontrano le fosse circolari dei nidi di mitragliatrice antiaeree, mentre nella roccia si insinua un folto reticolo di gallerie. Per discendere da Cima Alta occorre tornare un po’ sui propri passi: prima di intraprendere la discesa della mulattiera percorsa all’andata si stacca sulla destra un sentiero che guadagna il versante al cospetto della Busa. Per un brevissimo tratto la vista corre sulla sottostante conca, ma ben presto le fronde dei faggi nascondono il panorama. La discesa dentro il bosco è graduale e costante fino a raggiungere un piccolo valico erboso: a sinistra si rientra in Busa, raggiungendo la strada che ne aggira il perimetro, a destra, scavalcato il reticolato, si percorre un antico tracciato che scende tra anguste radure e macchie di boscaglia fino a intercettare la strada che dal passo di Campedello, poi per Vaccaresse, raggiunge la colonna monumentale ai margini settentrionali della Busa. E’ una variante che è consigliata solamente a chi gode di un buon senso di orientamento, in quanto per alcuni tratti il sentiero è scarsamente visibile, soprattutto durante la stagione estiva, quando il manto vegetale rende più intricati alcuni passaggi. Si tratta di una zona di antichi pascoli abbandonati, densamente disseminata di manufatti e strade militari, dove non è raro incrociare la corsa di una lepre o il vagabondare di una volpe. L’itinerario principale, invece, una volta guadagnata la strada su fondo erboso, prosegue pressoché in piano fino al monumento ai caduti a forma di colonna tronca posto sul piccolo passo di Vaccaresse. Qui parte la strada in discesa verso la zona monumentale delle cannoniere e delle trincee. Giunti in prossimità di uno sperone roccioso che sembra porre termine a questa sorta di prominenza a picco sulla Val Posina, stupirà scoprire come, al contrario, esista un prolungamento lungo un crinale, percorso su ambo i lati da una doppia trincea, che porta sino all’estremo bastione sovrastante la torre di Vaccaresse, dove è posta la piccola costruzione dell’osservatorio. L’intera zona è stata oggetto di un recente recupero ed è stata messa in sicurezza con corrimano in funi di acciaio che rendono il percorso adatto a comitive e gruppi di persone anche relativamente poco esperte di montagna. In quest’angolo quasi sperduto del Novegno pervade una profonda sensazione di solitudine e il silenzio che vi regna rende ancora più drammatico tutto l’ambiente. Terminata l’esplorazione del bastione fortificato si torna a risalire la mulattiera percorsa all’andata fino a conquistare di nuovo il passo di Vaccaresse e continuare poi verso ponente, in direzione del monte Rione. Intercettata la carrozzabile proveniente dalla Pozza Lunga (lo specchio d’acqua situato all’ingresso della Busa), si prosegue sulla destra mantenendosi sulla strada che, dopo alcuni tornanti, giunge sul promontorio dove è situato il piccolo forte del Rione. A pochi metri vi è la vetta, dalla quale è possibile godere di una vista eccezionale. Verso nord ovest, oltre il monte Maggio, si distinguono i profili delle Dolomiti di Brenta e il ghiacciaio dell’Adamello, mentre alle spalle dell’altipiano di Asiago emergono le cime dei Lagorai e delle Pale di S. Martino. Più vicino, a ponente, il maestoso massiccio del Pasubio, che verso il Novegno rivolge il sottogruppo dei Forni Alti sul quale si incide la famosa strada delle 52 gallerie. A settentrione, oltre le frazioni di Posina e Castana, la Corona di S. Marco; la lunga dorsale montuosa che dallo Spitz di Tonezza, passando per il monte Toraro, giunge al Maggio e al passo della Borcola. Verso est, a chiudere la stretta valle del Posina, le pendici del Priaforà che costringono il torrente in una gola a gomito prima di potersi buttare sulle acque dell’Astico, oltre il paese di Arsiero. A sud si distende placido l’altopiano delle Busa, mentre in lontananza si intravedono le foschie della pianura vicentina. La discesa segue per breve tratto il cammino percorso all’andata sino al primo tornante a sinistra (in corrispondenza, sulla destra, si apre l’ampio piazzale sottostante il forte), da dove, abbandonata la strada, è possibile prendere il sentiero che percorre la trincea scavata lungo la cresta che scende alla Pozza Lunga. Naturalmente è anche possibile restare sulla strada, così come prevede l’itinerario, ma il sentiero proposto è indubbiamente più panoramico e ha il pregio di mantenersi in cresta, attraversando alcune zone di indubbio interesse paesaggistico. Sia che si percorra la dorsale scendendo attraverso i prati, o che ci si mantenga sulla carrozzabile, raggiungere la Pozza Lunga è cosa di breve tempo. Da qui, attraversata la strada che si inoltra nella Busa, si prenderà verso est il breve tratto in salita che porta a malga Davanti. Anche in questo caso nulla vieta di seguire la strada che porta direttamente al piazzale del Novegno, tuttavia la deviazione per malga Davanti permette di gustare ancora un’ultima volta il panorama sulla bucolica conca della Busa prima di rientrare al parcheggio da dove si è partiti.