Itinerario: Dal Monumento di Vallortigara a Busa Novegno, toccando cima Caliano (●●)

 

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Un percorso alla scoperta del versante occidentale del Novegno, dove ancora vive l’urogallo

Percorso Monumento di Vallortigara – Malga Ronchetta – Monte Caliano – Monte Rione – Pozza Lunga – Malga Ronchetta – Monumento di Vallortigara
Breve descrizione L’itinerario risale il versante sud-ovest del massiccio e, rimanendo al cospetto dell’imponente sagoma dolomitica del Caliano, ne raggiunge la vetta dopo essere transitato per malga Ronchetta. Su comoda mulattiera, che corre alle pendici meridionali del Cogolo, perviene alla cima del monte Rione e si immette nella conca sommitale della Busa. Disceso il crinale erboso che conduce alla Pozza Lunga, riguadagna il versante di malga Ronchetta attraverso il sentiero in quota detto degli “Slavinoni”. Raggiunta la malga, la discesa al monumento avviene per una bella e panoramica variante.
Tempo di percorrenza 4.30 h
Dislivello totale in salita 863 m
Altitudine punto di partenza 885 m (Monumento di Vallortigara)
Punto più elevato 1691 m (Monte Rione)
Difficoltà E
Segnavia 411 – 401 – 400
Periodo ottimale Il percorso si svolge per lunghi tratti attraverso boschi di latifoglie e conifere. In estate quindi si può godere della gradevole frescura che le ampie fronde garantiscono con la propria ombra. Ma il tempo del Teatrao Urogallus, il nostro Gallo Cedrone, è la primavera, quando al primo sole del mattino emette il suo canto amoroso che, inizialmente simile ad un gorgoglio, echeggia sempre più alto nei boschi e nelle vallate fino a somigliare al suono della cote che affila la falce.
Come arrivare alla partenza Il parcheggio posto nelle immediate vicinanze del Monumento di Vallortigara può essere raggiunto facilmente dalla frazione di S. Caterina, cui si perviene in circa 20 minuti dal centro urbano di Schio. Superata la chiesa parrocchiale del piccolo centro, al successivo tornante ci si immette nella strada che devia a sinistra verso contrà Bonolli. Si oltrepassa la contrada e si giunge in breve al passo di S. Caterina. Va mantenuta la destra, seguendo le indicazioni per il Colle Xomo, e si prosegue fino a che, dopo un ultimo tratto in pendenza, si arriva al monumento, ben visibile sulla sinistra.

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L’itinerario

La zona dove si snodano i sentieri di questo itinerario è certamente una fra le meno frequentate dell’intero massiccio, nonostante sia facilmente accessibile e, ancora oggi, piuttosto curata, dato che viene praticato con una certa frequenza e regolarità il taglio del bosco. Se alle quote più elevate è l’abete (rosso e bianco) a rivestire con il verde perenne delle sue fronde i rilievi fin quasi sulle sommità delle cime più aspre e rocciose, alle quote intermedie è certamente il faggio la specie arborea dominante, che forma delle vere e proprie foreste dal sottobosco estremamente rado e sgombro da ogni tipo di vegetazione infestante.

Forse perché moderatamente praticata, quindi poco disturbata, aperta e relativamente poco intricata, la zona è stata eletta a dimora ideale dalle specie animali più schive e guardinghe.

Di recente vi ha fatto gradito ritorno, dopo molti anni di assenza, persino il Gallo Cedrone, il re della montagna, come lo chiamava il grande scrittore asiaghese Mario Rigoni Stern, che sulla vita e sulle abitudini di questo stupendo volatile ha scritto pagine memorabili. Le storie di caccia, di animali selvatici, di cani, di preparativi, di attese, di sfide ma, soprattutto, di montagne in cui si respira l’anima di una natura selvaggia e di paesaggi impervi, che la presenza umana non ha potuto e saputo addomesticare, così sapientemente narrati dalla penna del grande “Sergente della neve”, prendono qui forma, materializzando d’improvviso racconti che sembrano appartenere ad altri tempi, ad altri luoghi, ad altri uomini. E invece, come a ricordarci che questo mondo non solo è esistito davvero e che non è appannaggio esclusivo di epoche oramai definitivamente passate, il canto dell’Urogallo, che improvvisamente rompe il silenzio dei boschi echeggiando vibrante nell’aria, suscita oggi le medesime emozioni che da sempre hanno caratterizzato l’incontro dell’uomo con le manifestazioni più incantevoli della natura. Il Gallo Cedrone è certamente uno di quegli incontri, benché rari e improbabili, che lasciano il segno. Maestoso nelle dimensioni, nell’incedere nobile, nel suo sollevarsi così fragorosamente dal sottobosco a dominare la scena, con il piumaggio che pare uscito dalla tavolozza di un pittore, la coda a ventaglio che sembra opera di un artigiano e l’occhio contornato di rosso, impressionante e combattivo come fosse dipinto per incutere timore agli avversari, siano essi rivali in amore o predatori che attentino all’incolumità della compagna o della prole. Purtroppo “sua maestà” non si concede troppo ai visitatori che nel tempo libero calcano i sottoboschi di questo versante del Novegno, tuttavia non è così raro e improbabile udirne il canto mentre, silenziosi, si ascolta la propria fatica affrontare le pendenze che portano a malga Ronchetta. In questa prima parte del percorso, interamente coperta dal bosco ceduo che nasconde per lunghi tratti la veduta del panorama sottostante, diventa molto più facile mettersi in ascolto e cogliere gli innumerevoli suoni della natura che l’uomo, troppo abituato al chiasso delle città, scambia talvolta, erroneamente, per “silenzio”. Un silenzio apparente, quindi, che però ha il pregio di ricondurre ad una serenità interiore che predispone ad accogliere nel migliore dei modi lo spettacolo che ben presto si imporrà ai nostri occhi. Non si tratta di attendere molto, giacché la suggestione della vista che si apre una volta giunti sul piccolo piazzale antistante malga Ronchetta è il primo assaggio di emozioni di questo itinerario ricco di sorprese. Al cospetto della sagoma imponente del Caliano, con le sue pareti che da qui sembrano ancora più impressionanti, lo sguardo può correre a partire da ovest ammirando, come da un balcone, le Piccole Dolomiti con il gruppo del Sengio Alto e poi, via via, il Carega e l’intera catena delle Tre Croci, sino all’estrema cima di Valmarana, il cui profilo capitola verso la sconfinata tavola della pianura padana. Appena sotto, lo sguardo abbraccia l’alta Val Leogra e la sua zona pedemontana, con le contrade, le frazioni, le piccole chiese che, qua e là, spuntano dal fitto dei boschi. Verso est il crinale del Novegno sale sino alla cima del Rione, sul quale si scorge il manufatto del forte, punto più alto raggiunto dall’itinerario. La sua vista mette repentinamente fine alla sosta che qui si vorrebbe allungare, non fosse altro che per godere ancora un po’ dello splendido scenario. Oltrepassato il complesso di edifici della malga, il percorso torna a salire con pendenze meno impegnative delle precedenti, avvicinandosi gradualmente ai contrafforti del Caliano. Incrociato il segnavia 401 proveniente da malga Fontana, la faggeta lascia definitivamente la scena sostituita dal bosco di conifere. Il sentiero ora si fa meno ripido, seguendo un andamento sinuoso e il morbido terreno, costituito da un substrato di aghi di pino, sembra quasi accarezzare le suole degli scarponi. L’ultimo dei tornanti prelude alla sella da cui per la prima volta si scorge il versante settentrionale e la sottostante vallata di Posina. Di qui, fino a qualche anno fa, era possibile scendere verso il pascolo di malga Zola lungo un tracciato che oramai è stato eclissato dalla vegetazione. Verso est, invece, una traccia evidente porta in pochi minuti alla cima maggiore del Caliano e alla sua piccola croce in metallo. Anche qui è impossibile non indugiare per ammirare la veduta a 360 gradi che si gode nelle giornate più limpide. In lontananza, oltre il monte Maggio, si intravede il profilo delle Dolomiti di Brenta e il ghiacciaio dell’Adamello, mentre alle spalle dell’altipiano di Asiago emergono le cime dei Lagorai e delle Pale di S. Martino. Nelle immediate vicinanze, invece, verso il Pasubio, si noterà la cima secondaria del Caliano, su cui sono state erette altre due piccole croci in metallo. Scesi nuovamente sul sentiero principale, non resta quindi che percorrere l’ultimo tratto di salita che conduce al Rione. Ora il tragitto corre lungo una comoda e ampia mulattiera d’arroccamento a monte della quale sono ampiamente visibili i manufatti edificati nel periodo bellico a estrema difesa del territorio minacciato dalla discesa dell’esercito austro-ungarico. Essi ci accompagneranno sino alla località più elevata raggiunta dal nostro itinerario in un susseguirsi di cunicoli laterali scavati nella roccia e di muretti a secco. Ad attendere l’escursionista sul punto più elevato del massiccio è l’accogliente rifugio ricavato dalle strutture del forte Rivón, ristrutturato grazie al volontario intervento dall’Associazione Ricercatori Storici IV Novembre e operativo, sempre per merito della stessa, nei giorni festivi. L’accoglienza è come sempre cordiale e genuina, così come solitamente accade quando si va per montagna. Il parlare è schietto e il clima caldo e allegro, anche nelle giornate più acerbe, quando il sole stenta a farsi largo tra le nubi e la brezza del nord spazza la roccia costringendo i rari fili d’erba a chinarsi fino ad appiattirsi al terreno. Ma alla “bava” (nomignolo che spesso si utilizza per indicare proprio questo tipo di correnti fredde) ci si rimedia facilmente anche con un buon bicchiere di rosso e due chiacchiere scambiate magari per raccogliere qualche informazione sui luoghi circostanti e sui percorsi che li attraversano. Parole che si spengono subito nell’aria, inghiottite dal silenzio della Busa che solo per qualche ora si anima della vivace, ma rispettosa, presenza dei pochi appassionati; poi, verso sera, dopo aver generosamente accolto nel suo grembo il nostro passaggio, nell’affievolirsi delle luci del tramonto, tornerà placidamente al suo perpetuo respiro. Allora un canto riprenderà a diffondersi nell’aria e l’Urogallo tornerà nuovamente ad essere il re incontrastato della montagna.

 

Malga Ronchetta

Il percorso

Il tracciato segue il segnavia 411 che parte a fianco del capitello collocato sul lato opposto al parcheggio sterrato situato nelle immediate vicinanze del monumento ai caduti in località Vallortigara, sulla carrozzabile S. Caterina – Colle Xomo.

Il sentiero è in realtà una scorciatoia che interseca più volte la strada forestale per malga Ronchetta. Volendo, è pertanto possibile mantenersi sulla strada trascurando il più ripido tragitto che porta direttamente alla malga. La prima variante suggerita prevede, infatti, di continuare lungo la strada forestale e, una volta giunti presso la deviazione per malga Fontana, prendere quest’ultima (ovverosia il tratto che piega a sinistra, in direzione nord-ovest), evitando pertanto di salire a malga Ronchetta, località che in ogni caso verrà toccata dal percorso di ritorno. Nel caso si scelga per la più lunga, ma proprio per questo, meno ripida variante, una volta giunti a malga Fontana sarà necessario seguire il segnavia 401 (di recente ampliato fino a diventare una vera e propria strada forestale) che parte sulla destra pochi metri prima di giungere a malga Fontana in direzione nord-est. Mantenendosi all’interno di un bosco misto, dopo aver aggirato alla base la parete del Caliano, si congiungerà con il segnavia 411 a monte di malga Ronchetta.

L’itinerario principale, tuttavia, prevede di mantenersi sul segnavia 411 che, dopo aver intersecato più volte la strada forestale, la abbandona definitivamente per addentrarsi in un fitto e ripido bosco di faggi. Con un andamento sinuoso adatto a vincere le forti pendenze e mantenendosi costantemente sulla sinistra del costone che scende da malga Ronchetta, raggiunge, dopo aver superato una masiera divisoria, il pascolo aperto a valle della malga. Oltrepassata la pozza di abbeveraggio posta al limitare del bosco di abeti, si perviene quindi al piccolo complesso di edifici di malga Ronchetta (m. 1319 slm). Continuando in direzione nord, dopo aver oltrepassato una piccola cisterna, uno dei pochi punti del Novegno dove è possibile rifornirsi d’acqua potabile, ci si addentra nuovamente nel bosco risalendo una dorsale che permette di avvicinarsi alla base del Caliano. Intersecato il segnavia 401 proveniente da malga Fontana, il sentiero compie una serie di serpentine all’interno di un ampio bosco di abeti. Presso uno dei tornanti di destra vi è la deviazione per Busa Novegno (segnavia 411) che dovrà essere ignorata in quanto si tratta del percorso previsto per il ritorno. Si continua la salita fino a raggiungere una selletta da cui è possibile scorgere la sottostante vallata di Posina. La piccola vetta del Caliano è ora facilmente visibile ed è raggiungibile in pochi minuti dalla selletta prendendo un tracciato in direzione ovest che risale per qualche decina di metri la parte sommitale del monte. Un ultimo tratto tra alcuni massi di dolomia e si giunge alla piccola croce in metallo posta sulla cima.

La discesa alla selletta avviene per il medesimo percorso della salita. Si prosegue quindi verso est in lieve pendenza lungo una comoda mulattiera (segnavia 401) che, dopo aver oltrepassato in galleria la sommità del monte Cogolo, raggiunge monte Rione (o Rivòn), punto più alto del massiccio (m 1691 slm), dove è posto l’omonimo forte. Il piccolo edificio, ristrutturato grazie all’interesse dell’Associazione IV Novembre di Schio, funge nei fine settimana da rifugio e luogo ideale di incontro per gli appassionati di montagna.

Inizia qui la discesa che per breve tratto percorre la strada che conduce alla Pozza Lunga (ossia lo specchio d’acqua situato laddove la rotabile proveniente da contrà Rossi si immette nella Busa). Giunti al primo tornante a sinistra (sulla destra si apre qui l’ampio spiazzo sottostante il forte), si abbandona la strada prendendo un sentiero che si immette nella trincea che corre lungo la cresta che scende alla Pozza Lunga. Naturalmente è anche possibile mantenersi sulla strada, ma il sentiero proposto è indubbiamente più panoramico e ha il pregio di attraversare alcune zone caratteristiche dell’ambiente alpino. Si percorre la dorsale scendendo rapidamente attraverso i prati fino a raggiungere la Pozza dove si prenderà sulla destra il segnavia 411 che, per la riposante mulattiera che taglia in quota la zona degli Slavinoni, porta a malga Ronchetta. Questo tratto si mantiene pressoché piano, passando alla base dei rilievi sommitali del costone ovest del Novegno e incrociando quindi il sentiero già percorso all’andata in prossimità del monte Caliano. Di qui si intraprende la discesa verso malga Ronchetta seguendo la segnaletica del CAI.

Dalla Pozza Lunga è possibile raggiungere malga Ronchetta per altra via, attraverso un sentiero pressoché parallelo, ma situato più a valle. Se si intende percorrere questa variante, è necessario seguire la carrozzabile proveniente da contrà Rossi fino a malga Pianeti (ampiamente visibili sono le indicazioni poste lungo la carrozzabile stessa laddove diparte la laterale per la malga). Si percorre in leggera discesa la strada che porta alla malga mantenendosi a monte della stessa fino a raggiungere un piccola radura: per imboccare il sentiero si conserva ancora la direzione (ovest) ignorando i viottoli che portano al complesso di edifici sottostanti. Anche questo tracciato, che attraversa forse una delle zone meno frequentate e selvagge del Novegno, si mantiene pressoché in quota, regalando scorci panoramici di sicuro effetto sulla sottostante Val Leogra, fino a raggiungere malga Ronchetta.

L’ultimo tratto di discesa si effettua adottando una scorciatoia che si stacca dal sentiero 411, imboccato nello spiazzo antistante malga Ronchetta, dopo aver percorso qualche decina di metri in direzione della pozza di abbeveraggio posta nella sottostante zona prativa. Si riconoscerà qui certamente il percorso dell’andata che, tuttavia, verrà ignorato per deviare decisamente sulla sinistra seguendo le chiare indicazioni della scorciatoia. Attraversato il pascolo in direzione est, la discesa continua dapprima all’interno di un bosco di conifere per discendere, successivamente, lungo un percorso misto dove il bosco di latifoglie si alterna a delle zone prative più aperte dalle quali si domina il sottostante paesaggio della fascia pedemontana. Raggiunta finalmente la strada forestale che scende al monumento di Vallortigara non restano che pochi minuti prima di guadagnare la strada d’asfalto e l’adiacente parcheggio.

Gallo cedrone

 

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