Itinerario: Dal Colletto Piccolo di Velo alla vetta del Priaforà (●●)

Sulle creste del Brazome, inseguendo i camosci

Percorso Colletto Piccolo di Velo – Monte Brazome – Monte Giove – Monte Priaforà – Passo Campedello – Colletto Piccolo di Velo
Breve descrizione L’itinerario si snoda lungo la dorsale sud-est del massiccio percorrendo per buona parte una mulattiera militare che risale le pendici del Rozzo Covole. Si collega quindi ai pendii erbosi del Giove risalendo la cresta principale fino a raggiungerne la cima. Rimanendo in quota, lungo un percorso parallelo ad una trincea che percorre l’intera sommità del crinale, si immette sulla carrareccia che conduce alla vetta del monte Priaforà. Per breve ma ripido sentiero, giunge quindi al caratteristico foro da cui deriva il toponimo stesso dell’elevazione e quindi alla vetta. Per il ritorno si discende nuovamente fino alla carrareccia che porta al passo di Campedello, da cui si prende nuovamente la direzione verso il Giove ed il Brazome e quindi il Colletto di Velo.
Tempo di percorrenza 4.30 h
Dislivello totale in salita 800 m
Altitudine punto di partenza 890 m (Colletto Piccolo di Velo)
Punto più elevato 1659 m (Priaforà)
Difficoltà E
Segnavia 455 – 435
Periodo ottimale Il periodo migliore è senza dubbio l’autunno inoltrato, o l’inverno, prima della neve. In questo periodo, infatti, i sentieri sono liberi dalla vegetazione estiva che spesso ostruisce il cammino, ma soprattutto la mancanza delle foglie sugli alberi garantisce una buona visibilità che facilita l’avvistamento degli animali.
Come arrivare alla partenza Da Bosco di Tretto si segue verso est la strada che conduce al Colletto di Velo seguendo le indicazioni per il monte Summano. Dopo il primo tratto asfaltato, la strada diviene sterrata. Si mantiene la direzione principale ignorando la deviazione per S. Rocco. Di qui, si prosegue in leggera pendenza per altri 400 metri circa fino a che la strada comincia nuovamente a spianare. Una piazzola sulla sinistra con l’inconfondibile segnaletica del CAI indica l’inizio del percorso.

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L’itinerario

Il percorso qui proposto permette di accedere al Novegno per uno dei suoi versanti senza dubbio più panoramici. La salita avviene gradualmente, attraversando dapprima un fitto bosco ceduo e affrontando successivamente, sempre su mulattiera sicura, i primi contrafforti rocciosi del Rozzo Covole. E’ solitamente su questi crinali che non è raro incontrare gruppi di camosci. Di primo mattino, quando i raggi del sole fanno capolino ad est dal profilo dell’altopiano di Asiago, essi si soffermano a brucare l’erba che cresce generosa tra le rocce di questa dorsale che unisce il massiccio del Novegno al monte Summano, ultima elevazione prealpina prima della sconfinata pianura che lo separa idealmente dal mare Adriatico. In questo luogo, che si protende come un balcone sulla sottostante zona collinare del Tretto, sembra quasi un gioco individuare le contrade e le strade che si intrecciano e segnano i collegamenti tra i vari abitati. Dai fitti boschi emergono, come in una sorta di presepio, le piccole frazioni raccolte attorno ai campanili, i cui rintocchi giungono immutati da secoli fin sulle vette più isolate, a marcare un tempo che qui sembra perdere ogni sua dimensione. Forse è anche per quest’atmosfera serena e per la tranquillità che qui si respira che i camosci hanno eletto questa zona luogo ideale per iniziare la loro giornata. O forse semplicemente perché, oltrepassata la cresta, il versante opposto digrada rapidamente per ripidissimi canaloni e forre accidentate, inaccessibili all’uomo, dove è facile rifugiarsi in caso di pericolo. Tuttavia, se non si è troppo chiassosi e se non si ha la pretesa di avvicinarsi troppo, il camoscio solitamente non è così diffidente e, seppur guardingo, molte volte continua, apparentemente tranquillo, la sua colazione. Se in branco, sarà certamente la loro vedetta a individuarvi per prima. Vi fisserà per capire le vostre intenzioni e intanto metterà in allerta i compagni con il suo caratteristico sibilo. Ciò nonostante, finché non avrà avvertito il pericolo, non si muoverà dalla posizione, capace di fissarvi immobile per lungo tempo. Gli altri, nel frattempo, torneranno nuovamente a brucare, quasi incuranti della vostra presenza. Sono attimi decisivi, trascorsi i quali tutto potrebbe tornare a trascorrere come se voi non ci foste, oppure nell’arco di pochi secondi la scena potrebbe rapidamente svanire, concludendosi con una fuga repentina che esalta la capacità di questi animali di muoversi con estrema agilità fin sulle più ardite ed aspre rupi. I più impacciati sono solitamente i piccoli. Nei momenti di confusione, se non sono nelle immediate vicinanze della madre, è evidente che non hanno bene l’idea di che cosa sia più opportuno fare. Ecco allora che, indecisi, cambiano spesso direzione, incerti sul procedere e titubanti nelle loro decisioni di fuga che finisce per trasformarsi in una rocambolesca corsa a zig-zag. Solo il richiamo determinato della madre dà finalmente loro il giusto riferimento, cui ansiosamente volgono sollevati. Osservare frammenti di vita di questa montagna, che così improvvisamente si offre al nostro cospetto, rappresenta senza dubbio uno dei momenti più appaganti e suggestivi di ogni escursione. Pur se a noi è dato di cogliere solo alcuni attimi di questo spaccato di vita alpina, l’emozione che ogni volta si sprigiona ci rende capaci di intuire come essa si replichi di continuo e come il nostro passaggio sia solamente un momento fuggente che appena ne interseca il cammino. Se si ha, quindi, la fortuna di incrociare qualche camoscio, la sosta e lo spettacolo sono garantiti. Tuttavia, in qualunque caso, giunti al Passo del Gatto, il panorama sarà davvero appassionante. Si avrà certamente modo di apprezzarlo al meglio dato che per un buon tratto il sentiero scorre pianeggiante, tagliando in quota il versante del Brazome, prima di congiungersi con il sentiero che giunge da contrà Alba. Più in basso, nascosti dal fitto bosco di abeti rossi che nel corso degli ultimi anni hanno rubato lo spazio al pascolo, i ruderi di malga Brazome, dove è ancora ben mantenuta una cisterna per la raccolta dell’acqua: uno dei rari punti di questo monte dove è possibile dissetarsi. Al cospetto del Giove il sentiero torna a farsi ripido. Si può scegliere di affrontarlo verso sinistra, lungo gli aperti declivi erbosi della “Costa Lunga”, oppure tenere a destra il crinale del “Giasseto”, addentrandosi in un erto bosco di faggi. Anche questa zona è popolata di camosci che la prediligono per l’asprezza e per le numerose “vie di fuga”. Lo scosceso versante del Giove, invece, è spesso attraversato dal capriolo che vi trova erba in abbondanza e comodi nascondigli nella folta vegetazione che cresce nell’impluvio della valle. La conquista del Giove passa attraverso un’aperta dorsale che di passo in passo porta rapidamente l’escursionista in quota, dischiudendo ovunque scenari mozzafiato. Giunti sul soglio degli Spiriti d’obbligo è una sosta prima dell’ultimo tratto che porta alla cima. Verso nord è possibile ammirare da posizione privilegiata la vetta del Priaforà, nostra prossima meta. Verso sud-est, invece, il panorama si apre sul Summano e sulla pianura vicentina. Qui, di recente, ha trovato dimora una piccola colonia di marmotte che gode del silenzio e della quiete di questo luogo solitario, fuori dai percorsi più frequentati. Una pace oggi che contrasta con i tristi avvenimenti che funestarono questa montagna agli inizi del secolo scorso. Ancora oggi sono ben evidenti i crateri originati dallo scoppio delle granate durante il primo conflitto mondiale, mentre ancora più evidenti sono i nidi di mitragliatrice che qua e là si ergono a sorvegliare il fondovalle. A pietoso ricordo del sacrificio di tanti uomini, un crocefisso realizzato con mezzi recuperati alla meglio sostiene un piccolo Cristo in bronzo di pregevole fattura posto sul punto più elevato del Giove. Parlare di vetta è infatti un tantino esagerato, pur tuttavia la visuale a 360 gradi che ivi si gode è davvero affascinante e prelude allo spettacolo che si potrà gustare a breve dal vicino Priaforà. Sul crinale di collegamento il sentiero, assai poco frequentato, si fa più incerto, ma la via non è mai perduta se si rimane in cresta e si segue l’evidente trincea che la solca per tutta la lunghezza. Giunti finalmente sulla comoda strada che arriva dal passo di Campedello, l’ultima fatica è rappresentata dal ripido tratto di sentiero che conduce alla vetta, transitando a fianco dell’arco naturale che dà il nome al rilievo. Gli ultimi passi portano al cospetto dell’alto traliccio in metallo della croce eretta sui bianchi contrafforti delle rocce calcaree di vetta. Questo sperone che sovrasta l’imboccatura della Val d’Astico è un sito prediletto da diverse specie di animali, dato la sua posizione piuttosto appartata e la selvaggia natura delle sue pendici settentrionali. Oltre al camoscio, vi regnano diverse specie di uccelli, tra cui il gallo forcello e cedrone. Da qui lo sguardo può nuovamente spaziare liberamente fino a raggiungere le dolomiti di Brenta e le Pale di S.Martino. Alle spalle della familiare sagoma del Summano, che sembra poco più che una collina, si susseguono, da est, il Grappa, le vette feltrine, il gruppo delle Pale di S.Martino, Cima d’Asta e i Lagorai con davanti l’altopiano di Asiago. Poi, oltre la corona di S. Marco, il gruppo del Brenta, la Presanella, l’Adamello e, più da vicino, collegato attraverso il passo della Borcola al monte Maggio e al Toraro, il massiccio del Pasubio, mentre il gruppo del Carega è parzialmente nascosto dalla Cima Alta del Novegno. In basso, in senso antiorario, la stretta valle di Posina e la Val d’Astico, mentre a sud, oltre le creste del Brazome, si intravede la brumosa pianura vicentina. Il silenzio è rotto appena dal lontano brusio del fondovalle e del suo vivere quotidiano, mentre il tepore dei raggi del sole si fissa sul volto di chi, come un pellegrino, giunge finalmente alla meta del suo viaggio.

Il percorso

L’itinerario vero e proprio ha inizio dalla piazzola lungo la carreggiabile che da Bosco di Tretto conduce al Colletto di Velo. E’ possibile parcheggiare l’automezzo nei pressi della piccola piazzola di partenza, oppure si può optare per il comodo parcheggio situato qualche centinaio di metri prima, nei pressi di contrà Zaffonati, in località “Prà della Stria”, crocevia della strada che conduce alla vicina frazione delle Falzoie. In questo caso saranno necessari 15 minuti di cammino prima di giungere alla piazzola da dove ha inizio il sentiero 455 del CAI, tuttavia, si ha il vantaggio, al termine dell’itinerario, di raggiungere immediatamente l’automezzo una volta conclusa la discesa, evitando di dover risalire sino alla piazzola di parcheggio del Colletto Piccolo di Velo. Il sentiero 455 è ben battuto e segnalato. Inizia con lieve pendenza e raggiunge quasi subito il valico del Colletto Piccolo di Velo. Di qui, dopo una serie di tornanti in mezzo al bosco, raggiunge il Rozzo Covole, che viene oltrepassato attraverso la strettoia naturale del Passo del Gato (1250 m. slm). Dopo breve tratto pianeggiante si perviene alla località Tre Bocchette e si prosegue verso ovest in direzione del Giove. Giunti nei pressi del Brazome è possibile scegliere la variante di sinistra che si raccorda al sentiero proveniente da contrà Alba. Tuttavia il sentiero maestro prevede di tenere la destra e risalire la faggeta fino a giungere ad intersecare il sentiero 477 proveniente da Castana. Di nuovo un tratto pianeggiante, in direzione sud, che conduce fin dove la strada volta decisamente a destra. In questo luogo, dove ha termine la Costa Lunga, le due varianti si riuniscono indirizzandosi per comoda mulattiera verso il passo di Campedello e l’omonima malga, ora ben visibile. L’itinerario, tuttavia, non prevede di seguire questa comoda via, ma si inerpica decisamente lungo la dorsale del Giove, seguendo una traccia meno appariscente, ma comunque ben visibile agli occhi attenti dell’escursionista. Per un buon tratto sale assai ripida sullo spartiacque fino a raggiungere alcuni contrafforti rocciosi dove sono presenti alcuni manufatti militari, tra cui una postazione di mitragliatrice ben conservata. Il sentiero prosegue meno erto verso est, tagliando il pendio in direzione del bosco e giungendo, dopo stretti tornanti, ad un piccolo altipiano dove è situata una pozza per l’abbeveraggio del bestiame. La cima del Giove è ora ben visibile, non fosse altro che per la presenza di un antiestetico ripetitore qualche metro più in basso. Si prosegue a vista fino a raggiungere la cupola sommitale, dove è situato un rudimentale crocefisso. La vetta del Priaforà, prossima meta, è ben visibile verso nord, direzione verso cui si rivolge ora il cammino. Il sentiero è poco visibile ma è abbastanza semplice da individuare, dato che si mantiene costantemente in quota sulla dorsale di collegamento tra il Giove e il Priaforà, scorrendo a fianco di una evidente trincea. Giunto, dopo qualche centinaio di metri, in prossimità della carrareccia proveniente dal passo di Campedello, vi si immette per breve discesa. Di qui si prosegue per comoda via fino all’attacco dell’ultimo strappo che porta dapprima nei pressi del foro che dà il nome alla cima e, successivamente, al traliccio della croce di vetta. Il ritorno prevede di scendere nuovamente il sentiero 435 sino alla mulattiera che per comoda discesa porta ai pascoli di passo Campedello. Mantenendo costantemente la sinistra si prosegue la discesa lungo il comodo sentiero 444 che, per lieve pendenza, costeggia il Giove sino a raggiungere nuovamente la Costa Lunga da cui, per la variante già in precedenza segnalata, si può scendere fino in prossimità di malga Brazome (sempre seguendo il 444). Giunti alla deviazione per il sentiero di raccordo con il 455 si può optare di dirigersi nuovamente verso il passo del Gatto e, quindi, il Colletto Piccolo di Velo o continuare la discesa lungo il 444 che si immette nell’impluvio della valle del Brazome fino a raggiungere contrà Alba. Di qui, il sentiero che porta alla carreggiabile Bosco-Colletto di Velo ha inizio proprio dove, ad est, termina la contrada, proseguendo idealmente lungo la strada che la attraversa longitudinalmente. Per giungere al crocevia di “Prà della Stria” è necessario mantenere il sentiero che declina dolcemente, ignorando le varie deviazioni che scendono direttamente sulla sottostante strada. Giunti infine sulla strada sterrata, qualora si fosse optato per partire in prossimità del Colletto Piccolo di Velo, raggiungere l’inizio dell’itinerario non richiederà che proseguire lungo la carreggiabile stessa verso est per una quindicina di minuti.

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